In occasione dell'uscita del romanzo Timira di Wu Ming 2 e Antar Mohamed (romanzo che cogliamo l'occasione per consigliare incondizionatamente), abbiamo intervistato gli autori. Ecco cosa ne è uscito:
1) Scrivete, a margine di Timira: "Qualsiasi narrazione è un’opera collettiva". E ancora: "è tempo di rendere giustizia alla natura collettiva dell’autobiografia". Spiegateci.
Siamo convinti che il raccontare storie sia un'attività collettiva, comunque la si pratichi: da soli, in coppia o in gruppo. In maniera simile, anche l'identità – il concetto che ciascuno ha di sé stesso – è una storia che costruiamo insieme agli altri e nella quale ci attribuiamo un ruolo. Dunque, nell'autobiografia come genere letterario, si incontrano due poiesis, due "fare" di natura collettiva: il raccontare storie e il costruirsi un'identità. Ecco perché riteniamo che il memoir, il biopic e l'autofiction dovrebbero svelare, mettere in mostra questa loro natura. Invece, nella maggior parte dei casi, vanno nella direzione opposta, e si presentano come scritture solipsiste, intime, private.
2) Ci vengono in mente diverse ragioni per cui questo può essere definito "romanzo meticcio", come recita il sottotitolo. Diteci le vostre. Ma poi, ricollegandoci alla domanda precedente... Non sarà che tutti i romanzi sono meticci?
Tutti i romanzi sono meticci, proprio come gli individui. Eppure, così come ci sono persone che riescono a occultare questa loro caratteristica, allo stesso modo ci sono romanzi che negano la loro natura ibrida, che preferiscono non metterla in piazza. Questo, invece, è un romanzo programmaticamente meticcio, che dichiara di esserlo fin dalla copertina, che poteva presentarsi ai lettori solo rivendicando una lingua, una struttura e un autore esplicitamente ibridi. Ce lo imponeva la vicenda, anch'essa meticcia, che abbiamo raccontato.
3) Al di là di quanto avete detto sulla natura collettiva di ogni opera, un libro a quattro mani tecnicamente non è (ovviamente) scrittura individuale, ma neanche collettiva. Raccontaci come avete lavorato tu e Antar Mohamed.
A dire il vero, Timira non è scritto a quattro mani. Nella quarta di copertina spieghiamo che gli autori sono tre: un cantastorie italiano dal nome cinese, un somalo con due cittadinanze e quattro lauree e un'attrice italo-somala di ottantacinque anni. Poi in copertina abbiamo scritto solo due nomi perché al momento di firmare il lavoro finito, l'autrice e protagonista Isabella Marincola/Timira Hassan non era più su questa terra, e non ci sembrava onesto attribuirle la co-responsabilità di uno scritto sul quale purtroppo non ha potuto dare un parere definitivo.
All'inizio, infatti, il romanzo nasce come lavoro a quattro mani di Isabella Marincola e Wu Ming 2. Ma prima ancora di parlare di un romanzo, c'erano tante ore di chiacchiere, interviste, pomeriggi passati insieme e registrati su nastro. Quindi la decisione di metterci a scrivere, il lavoro sulla scaletta, le discussioni su come e quanto romanzare la vicenda, cosa inventare e cosa no, quali episodi mettere sulla pagina. A quel punto, stabilita la successione dei diversi capitoli, abbiamo cominciato a scrivere assegnandoci via via le diverse parti e poi riscrivendole a ruoli invertiti. Quando Isabella è morta, e Antar mi ha domandato di finire il romanzo insieme, è cambiata ovviamente la dinamica, il rapporto interno alla coppia, ma non il modo di lavorare.
4) Sempre dal paratesto si vede come Timira abbia avuto una gestazione lunghissima, ben nove anni. Qual è stato il flusso di lavoro in questo arco di tempo?
ANTAR: Ho conosciuto Giovanni nel 2003, in una struttura psichiatrica: io all'epoca facevo l'educatore, mentre lui era amico di un ragazzo che viveva là. Avevo appena letto "Asce di guerra" – di Wu Ming e Vitaliano Ravagli – con tutte quelle vicende sepolte di partigiani, e volevo parlare a Giovanni di mio zio, Giorgio Marincola, che credo sia l'unico partigiano italo-somalo ad aver combattuto nella Resistenza. Però di lui sapevo molto, molto poco.
Caso vuole che nello stesso periodo, a Roma, Carlo Costa e Lorenzo Teodonio si siano imbattuti nella vicenda di mio zio grazie a Mario Fiorentini, vera e propria leggenda vivente della resistenza romana. Lorenzo, grande ammiratore di Wu Ming, ne ha parlato con Giovanni e da lì è nato una specie di progetto a più mani: Carlo e Lorenzo avrebbero scritto un saggio biografico su Giorgio – "Razza Partigiana" – poi Wu Ming 2/Giovanni lo avrebbe trasformato in uno spettacolo di musica e letture – "Basta uno sparo", edito da Transeuropa.
Il tutto ha visto la luce nel 2008.
A quel punto, "sistemato" Giorgio, Giovanni si è presentato da Isabella e le ha domandato di raccontargli meglio la sua vita.
E così, un po' alla volta, senza una chiara destinazione, parte una lunga conversazione fra loro due, e nel settembre 2009 decidono di scrivere un romanzo a quattro mani e iniziano a scrivere i primi capitoli.
Purtroppo Isabella muore nel marzo 2010 e a me dava un grande dolore vedere il romanzo a cui lei teneva tanto chiuso per sempre in un cassetto. Così ho chiamato Giovanni e gli ho chiesto se il romanzo lo voleva finire assieme a me. E così è stato.
5) Parlando di tempo, Timira si articola e si muove su vari piani temporali. Raccontateci un po'.
ANTAR: Fin dalle prime discussioni con Isabella intorno alla scaletta, si era deciso di prendere il 1991/92 come presente narrativo del romanzo e di far partire da lì i flashback sul passato, sulla vita di Isabella/Timira dal 1925, quando è nata a Mogadiscio, fino al 1990, poco prima dello scoppio della guerra civile in Somalia.
Ci sembrava interessante porre l'accento sull'Italia di quel periodo: confusa, spiazzata dalla fine della Guerra Fredda e dall'inizio di Tangentopoli, spaventata dai profughi albanesi e dagli "extracomunitari". In quest'Italia precaria, Isabella si ritrova profuga, anche se cittadina italiana, senza fissa dimora, Migrante da un tetto a un altro, in un condizione esistenziale che è la cifra del nostro tempo, dove il concetto di "cittadino" suona spesso vuoto, o peggio salvo, visto che gli Stati nazionali non sembrano offrire più alcuna garanzia, mentre i diritti umani sono spesso lettera morta.
6) Difficile non avere un brivido di emozione, ma anche di sorpresa, leggendo la poesia di Timiro Ukash che apre la terza parte del libro. Ma in generale tutto Timira apre fronti nuovi. Trovate che il colonialismo italiano sia stato finora, per così dire, "sottoraccontato"?
Angelo Del Boca, che ha fatto da apripista agli studi sul colonialismo italiano, alla fine della sua opera monumentale sull'Africa Orientale, passa il testimone ai romanzieri, nella speranza che essi raccontino ciò che lo storico non può far emergere, potremmo chiamarla la "verità pasoliniana" sul colonialismo, cioè quel genere di verità che puoi scoprire con il metodo narrativo ma che non puoi dimostrare con la ricerca scientifica.
Ci sono scrittori che hanno seguito l'invito (o che l'avevano raccolto ante litteram, come Flaiano con "Tempo di Uccidere", che risale al 1950). Tuttavia, se ci fa ancora effetto leggere una poesia come quella di Timiro Ukash, ispirata dal sacrosanto furore di una somala contro gli italiani, significa che in molti casi il punto di vista adottato in quei romanzi è ancora coloniale, maschio e bianco. Sono convinto invece che solo uno sguardo femminile, meticcio e post-coloniale ci può aiutare a capire meglio la nostra criminale "avventura" africana e quanto questa ancora influisca nel definire il carattere, l'identità degli italiani, soprattutto di genere maschile, perché le colonie italiane furono per lo più "colonie per maschi", frequentate da soldati e funzionari molto più che da famiglie di lavoratori. Per fortuna, questo punto di vista comincia ad emergere, e non è davvero un caso se i migliori romanzi postcoloniali italiani sono scritti da donne: penso a Gabriella Ghermandi, Igiaba Scego, Cristina Ali Farah, Shirin Ramanzanali Fazel, Carla Macoggi, Kaha Mohamed Aden, Fatima Ahmed. Nomi che spesso sono ancora sconosciuti al grande pubblico, ma che insieme costituiscono ormai una "massa critica" difficile da ignorare.
7) Possiamo dire che Timira e il reading di WM2 "Basta uno sparo" siano "parenti". Spiegateci come sono legati.
Il reading racconta la vicenda di Giorgio Marincola, fratello di Isabella, partigiano italo-somalo che combatté a Roma e a Viterbo, a Biella e in Val di Fiemme, dove morì ventunenne, il 4 maggio 1945, a guerra ormai finita, nell'ultima strage nazista sul territorio italiano.
Il reading si basa sulle ricerche di Carlo Costa e Lorenzo Teodonio, che hanno scritto un ottimo saggio biografico sulla vita di Giorgio, "Razza Partigiana", edito da Iacobelli nel 2008. L'avventura di Isabella poteva sembrare una semplice nota a margine rispetto a quella eroica del fratello. Invece mi sono detto che poteva essere ancor più interessante raccontare la sua lunga, caparbia, disarmata resistenza. E da questa piccola intuizione si è poi sviluppato tutto il progetto intorno a Timira.
8) In Anatra all'arancia meccanica avete scelto di unificare gli autori dei vari racconti, listandoli tutti come scritti da Wu Ming; allo stesso modo, all'inizio di Timira sono elencati tutti i libri dei Wu Ming, sia individuali che collettivi. Diteci dunque come si colloca questo romanzo nel "canone" wuminghiano.
Il mio compadre Wu Ming 4, appena l'ha letto in bozze, mi ha scritto che Timira gli sembrava riprendere, rilanciare e vincere le sfide narrative che avevamo affrontato (e non sempre superato) in "Asce di Guerra". In effetti, gli ingredienti dei due lavori sono piuttosto simili: memoria, archivio, storia orale, cronaca, oblio. Al di là di questo, mi pare che Timira sia anche una tappa del nostro percorso intorno ai personaggi femminili, e per la prima volta nella sua storia, il collettivo si allarga oltre i confini di genere. Credo si possa parlare anche di una "nuova fase" dei nostri romanzi "solisti", nella quale il singolo membro del collettivo, invece di scrivere il "suo" romanzo, sente il bisogno di aggregare un nuovo collettivo, diverso da Wu Ming. Non a caso, il prossimo romanzo di Wu Ming 1, "Point Lenana", sarà scritto a 4 mani con Roberto Santachiara, il nostro agente letterario.
9) Leggiamo su La Stampa che con Wu Ming 2 il collettivo Wu Ming sarebbe entrato nella fase 2. Spiegateci un po' ;)
Sì, appunto, fase 2, però tra poco torneremo alla fase Wu Ming 1, dopo che nel 2008, con "Stella del Mattino", avevamo attraversato la fase Wu Ming 4 e nel 2001, con Havana Glam, eravamo partiti addirittura dalla numero 5... In realtà i numeri, dopo il nome del collettivo, indicano i suoi singoli membri in ordine alfabetico. Su Wikipedia c'è addirittura l'elenco. Tuttavia, non bisogna stupirsi. Anche l'Unità, nel recensire il libro, ha inserito due riferimenti a "i Wu Ming 2". Pazienza, mica tutti possono conoscere il nostro percorso. (anche se magari, sulle pagine culturali di un giornale italiano, un po' più di attenzione non guasterebbe). E poi va detto che ce la siamo cercata: la nota biografica che mi riguarda, nella bandella di Timira, è troppo criptica, chi non sa nulla di noi può rimanere spiazzato. La prossima volta saremo più precisi.