Ovvero: della generazione collettiva degli intenti narrativi
Due giorni fa stavamo rispondendo (collettivamente, grazie a google docs) alle domande di una studentessa alle prese con una tesi sulla scrittura collettiva (colgo l'occasione per farle un caloroso in bocca al lupo). Una delle domande verteva intorno al problema dell'accettazione di contenuti altrui da parte dei membri di un Gruppo Scrittura (ad esempio muovere un personaggio in un ambiente "scritto da un altro").
La risposta, naturale per chi conosce il metodo SIC, é che difficilmente una simile situazione si verifica, dal momento che, a differenza della scrittura collettiva tradizionale del tipo "ognuno un pezzetto," in un lavoro SIC tutti gli elementi narrativi sono scritti da tutti gli autori e quindi tendono ad essere sempre sentiti come "propri" da ogni membro del GS.
La domanda mi ha peró fatto tornare alla mente una questione decisiva, al centro del dibattito fin dalla fondazione del metodo: la generazione collettiva degli intenti narrativi. Mi spiego: un collettivo di scrittura tradizionale, presumibilmente, per prima cosa si trova intorno a un tavolo e decide di cosa scrivere, e magari anche perché e in che modo. Questo in SIC - anche per motivi pratici legati al lancio dei gruppi scrittura e allo scopo innanzitutto sperimentale dei primi racconti - non é mai avvenuto.
Nei lavori finora compiuti, il soggetto é stato scritto dal Direttore Artistico e il GS lo ha "messo in scena," trovando una direzione comune e una visione condivisa (anche a livello tematico) durante i lavori. Sarebbe semplice mettere su un GS e come primo atto incontrarsi e dibattere sul soggetto tutti insieme. Anzi, forse é una cosa da fare, un esperimento per una SIC diversa (SAC - Scrittura Artigianale Collettiva?). Tuttavia la SIC, per la propria stessa natura, deve trovare una modalitá diversa di generazione collettiva degli intenti. In primis perché il metodo deve essere attuabile sempre e comunque, a prescindere da posizioni geografiche, amicali o ideologiche dei vari autori (o magari dalla capacitá di un autore di imporre le proprie idee su quelle degli altri con la forza della dialettica); secondariamente, per evitare che un dibattito iniziale troppo approfondito limiti o annulli quel processo squisitamente SIC (ehm) nel quale gli scrittori trovano una direzione e un sentire sempre piú comuni di scheda definitiva in scheda definitiva.
Le schede soggetto sperimentate nei racconti #6, #7 e #8 sono senz'altro un passo avanti verso intenti piú condivisi. Allo stesso modo, delle schede stile ben impostate (i tentativi fatti finora hanno dato risultati poco importanti) potranno aiutare la generazione collettiva degli intenti. Non si tratta comunque di azioni decisive: come fare di piú? Sto iniziando a gingillarmi con l'idea di un racconto SIC il cui soggetto é scritto col metodo SIC... Troppo frattale?
commenti
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Secondo me una certa dose di caso è ineliminabile tanto nella SIC, quanto in ogni altra pratica creativa. Allora forse io punterei di più a sviluppare tecniche di post-produzione che tecniche di pre-produzione. Cercherei insomma un modo per elaborare ciò che è stato casualmente prodotto piuttosto che un modo per produrre causalmente (in riferimento diretto e meccanico ad un'idea preliminare).
[Forse l'immagine del DA come regista funziona solo fino ad un certo punto: nella produzione di un film - almeno per come, secondo me, abbiamo inteso la metafora - tutto è preordinato fino al momento della performance dell'attore (elemento di caso), nella SIC la performance dello scrittore coincide quasi senza residui con la produzione*.
A questo punto non sarebbe meglio accostare la figura del DA a quella del direttore d'orchestra? Una figura che gestisce una performance mentre la performance avviene.. Ovviamente ci sarebbero sia il riferimento ad uno spartito-soggetto, sia alcuni accordi di massima circa il modo in cui bisogna sviluppare la performance, però in questo modo forse si rende conto in maniera più esatta del lavoro del DA (che non opera prima della performance come farebbe il regista, ma opera durante la performance)].
Quando dico che lavorerei sulle tecniche di post-produzione intendo parlare proprio del fatto che "stile" e "livello simbolico" del racconto sono un prodotto del racconto stesso e forse questo non è problema grave, però bisogna imparare a maneggiarlo. Da parte mia, infatti, io ridarei in mano tutte le schede situazione agli scrittori e gli direi "Bene, avete capito come si fa un Racconto SIC#5? Allora adesso rifatelo daccapo, mettetelo in bella".
Ovviamente una cosa del genere è improponibile, ma allora il DA dovrà avere molta consapevolezza di ciò che il racconto è e dovrà dedicare un gran lavoro al montaggio-editing finale (non quello delle singole scene, quello del racconto), tagliando e spostando senza pietà, come se davanti a sé avesse una forma non ancora stabilita ma solo delle "spinte", delle "tendenze" stabilite.
In ultimo, come canna al vento, mi aggrego tardivamente all'idea dell'editing in(de)finito di PeterPoe.
Chiedo scusa per la tirata (che in effetti poco aggiunge)..
*Il che non è proprio esatto, però ciò che mi preme è sottolineare la distanza fra una tecnica meccanica come quella fotografica-cinematografica ed una che di meccanico ha molto poco. Per fare un esempio: una Scheda Locazione è senza dubbio un punto di riferimento fisso per il GS, però basta che qualcuno cambi un aggettivo in una descrizione ed ecco che l'aspetto dell'intera faccenda cambia. E questo non è un fenomeno controllabile..
casus belli
(ovvero "la bellezza del caso," come disse qualcuno ai tempi dei tempi ^_^)
Dici cose vere.
La SIC ha dato vita a un modo nuovo di fare letteratura, una specie di jazz col direttore d'orchestra. Ed è vero che tutto questo finora ha dato buoni risultati. Tuttavia se questo si sposa bene con una visione squisitamente artistica del processo di scrittura collettiva (e a certi racconti) non si può escludere che un GS, specie considerando un futuro GS fatto di persone che si conoscono e "si sono scelte" dovrebbe avere un modo per controllare anche gli intenti.
Affascinante (ahi!) la proposta di scrivere DUE volte lo stesso lavoro... La versione fattibile, ammetterai, è l'opera SIC con soggetto SIC, però :)
Sul discorso casualità
Sul discorso casualità anch'io sono d'accordo con Raputt (che "casualmente" è anche il mio DA...), credo che una parte della bellezza del metodo sia proprio nel fatto che i componenti per lo più non si conoscono. Se poi si ipotizza un futuro in cui essi possano addirittura scegliersi, la vedo dura contrastare una convergenza di intenti, anche fosse inconscia (a meno che i vari scrittori non dicano mai agli altri quali parti dei racconti hanno scritto, o che l'editing finale non permetta il riconoscimento dei vari stili). Ho avuto un'unica esperienza come parte di un GS, e da dentro ho notato presto quello che viene detto nel post, ovvero che una convergenza di questo tipo appare e aumenta in modo casuale man mano che il gruppo legge le definitive e lavora sulle altre schede. A meno che le schede stile non diventino una prassi, credo che sapere come scrive qualcuno del mio gruppo in un modo o nell'altro influenzerà il mio prodotto.
E poi l'esperimento di buttare un soggetto definito nella mischia e vedere come si sviluppa, sapendo che quelle condizioni saranno irripetibili, secondo me è troppo affascinante! Più che far riscrivere il racconto dallo stesso GS, mi chiedo che succederebbe se lo stesso soggetto venisse affidato a due gruppi scrittura contemporaneamente. Quanto sarebbero sovrapponibili i prodotti finali?
P.S.: estendere il metodo anche alla creazione del soggetto la trovo una gran cosa, mi chiedevo infatti se per il romanzo aperto era stata prevista una cosa del genere (un caos nel caos?).
E' troppo figo quando di
E' troppo figo quando di situazione in situazione vedi che anche gli altri stanno sempre più scrivendo nella tua stessa direzione
collettiva mente
interessante qesta SIC
ora mi leggo tutto
minivelina
Il G#8 ha ricevuto le locazioni definitive ed è passato al lavoro sulla Scheda Stile.
E' stata somministrata una Scheda Stile sperimentale, divisa in più sezioni: percorso concettuale ed emotivo, livello simbolico degli snodi di percorso, livello emotivo soggettivo, forma e stile.
Per conoscenza
Oh Sarmi, mi potresti mandare via mail la scheda stile?
Sono curioso di vederla..
(Quella del G5 credo sia stata un sostanziale fallimento perché aveva un'impostazione troppo rigida e niente affatto intrigante, la tua invece..)
PS
Ora sono via ma mi piacerebbe continuare la discussione sul caso. (come a dire che "Non finisce qui"). ;-)
eccola
inviata
eccola
ricevuta. Grazie mille, la studierò con calma
eh
Ora non è che sia poi così complessa. Considera comunque che ha questa struttura perché il racconto è un monologo (una donna torna dopo anni e anni ai luoghi dell'infanzia e della giovinezza, li vede e pensa).
...
Tranquillo, non immaginavo un (altro) frattale. ;-) Volevo solo vedere come l'hai strutturata tu..