È da poco uscito, per i tipi di Einaudi Stile Libero, Anatra all'arancia meccanica, solido (e consigliatissimo) librone che raccoglie una selezione di racconti del collettivo Wu Ming scritti tra il 2001 e oggi. Quattrocento pagine – citando l'introduzione di Tommaso de Lorenzis – "manesche e facinorose". Abbiamo colto l'occasione per fare qualche domanda ai membri del collettivo.
"Slightly more than expected from a band of novelists": fin dal vostro "pay-off" vi definite romanzieri. Rispetto a questo fatto, cosa rappresenta per voi il racconto? Come vi ci rapportate?
Va detto che almeno due dei "racconti" inclusi in AaAM sono in realtà veri e propri romanzi brevi. Altri autori li avrebbero pubblicati uno per uno, allargando il font per farli sembrare ancora più lunghi e "romanzo-like". Noi invece abbiamo aspettato di poter mettere insieme qualcosa di più ampio. Abbiamo atteso che i vari racconti scritti nel corso degli anni componessero una narrazione-fiume. Certo, è un fiume dal corso tortuoso, che a volte "entra in clandestinità" e si riduce a ruscello, altre volte rallenta e forma una palude, poi, all'improvviso, si gonfia di acqua scura ed esonda, bagna e infanga i piedi anche a gente che vive lontano. Dopo tutto questo, ecco che arriva alla foce e forma un bizzarro estuario, fatto di atolli "intermittenti", precarie lingue di terra... Scusate, stavo delirando. L'ho [risponde WM1 N.d.R.] anche scritto in NIE: "L'allegoria ci scappa da tutte le parti, prot!".
Per noi la forma-racconto (o romanzo breve) è – forse banalmente – una mossa tattica, mentre il romanzo è una mossa strategica. Con un racconto puoi intervenire su un tema in tempi più brevi. Noi per scrivere un romanzo ci mettiamo fino a tre anni, e a volte servono incursioni più rapide.
Inoltre, la forma-racconto è la "palestra d'ardimento" del collettivo. Chi ricorda i fumetti di Alan Ford avrà colto la citazione: la "palestra d'ardimento" è il cortile posteriore del negozio di fiori del gruppo TNT. È dove Grunf, questa specie di meta-reduce ur-fascista di tutte le guerre del Novecento, cerca di addestrare e tenere in forma gli agenti. Noi usiamo i racconti per tenere desti i riflessi del collettivo, per riempire di narrazione le pause del lavoro sui romanzi.
Abbiamo notato che i racconti sono tutti a nome "collettivo", senza distinzioni tra i vari WM (leggendo il libro V.S. vi ha riconosciuto un racconto di WM2, Roccaserena: lui e WM2 presentarono insieme il numero di Argo su cui apparve insieme a un suo racconto, quindi presumiamo che ci siano anche altri racconti firmati da un solo WM o da "sottogruppi"). Quali le ragioni di questa scelta?
Sic! Sicché proprio voi SIC mi fate 'sta domanda un po' sick? Questa cosa un po' mi turba, è... turbante, mi fascia la testa. Un turbante da sikh. Sigh! Non importa chi di noi li abbia scritti: sono tutti racconti del collettivo. Alcuni furono scritti "a staffetta" da tutta la band, altri a quattro mani, altri da tre persone, altri da uno solo, che importa? È sempre Wu Ming. Quella del "mio" e del "tuo" – io-ho-scritto-questo e tu-hai-scritto-quello – è una cancrena, un'oscena messinscena. Il collettivo è über alles. Non ha una sua "mistica", né (siccome mostro spersonalizzante) ci mastica, ma di certo è più della somma delle parti.
Una risposta che ci rende molto felici :). Avete rimesso mano ai testi o sono riprodotti come in originale?
Una lievissima spolverata di editing per gli scritti più antichi, che furono messi on line in tempi brevissimi, "cotti e mangiati", quasi senza rilettura. Abbiamo sostituito poche parole qui e là, tolto una frase o due. Al 99,9% l'antologia presenta i testi come furono proposti all'epoca.
AaAM raccoglie testi prodotti nell'arco di 10 anni. Come è cambiato l'occhio collettivo dei WM sulla realtà in tutto questo tempo?
L'ordine prevalentemente cronologico dei racconti permette di vedere che la nostra prosa si è fatta più visionaria, surreale. Ci sono visioni anche nei testi del 2000-2001, c'è surrealtà, ma è al servizio della parodia, della satira. Più innanzi si va, e più si costeggiano fantasy, fantascienza apocalittica, scenari "metafisici" (nel senso pittorico: De Chirico etc.). Un racconto come Arzèstula è "Savinio meets Ballard e lo scambia per Celati". E poi, i racconti più recenti sono più "dark".
Una cosa che salta all'occhio è, rispetto ai toni più morbidi e sottilmente allegorici dei vostri romanzi, il carattere virulento dei racconti di AaAM, a cominciare dai titoli (Come il guano sui maccheroni, Pantegane e sangue, la title track stessa...) ma anche nello stile più diretto e "politico". Commenti?
Grazie per il "morbidi", non ce l'aveva mai detto nessuno! Diciamo che un romanzo (chessò, Manituana o Altai) è come quelle trappole dei Vietcong che si vedono nei film: è una buca nascosta da un telo coperto d'erba, e sotto c'è una distesa di pali appuntiti. Tu ci cammini sopra e, swuussshhh! Infilz! Arrrggh! Un racconto come L'istituzione-branco, invece, è un tizio che, dal fitto della giungla, ti salta addosso col machete e ti fa a pezzi seduta stante, in modo eclatante, rumoroso, sguaiato, sicuramente poco discreto.
commenti
Come non citare, a questo punto...
uno Slipperymovie d'annata