Quando abbiamo deciso di impegnarci nella scrittura di un romanzo collettivo così partecipato, ci siamo chiesti quale fosse il tema, il genere, il tipo di romanzo che meglio poteva giovarsi di cento duecento cervelli al lavoro. Abbiamo subito pensato al romanzo storico: la mole di documentazione storiografica che richiede, nonché la coralità della narrazione e la molteplicità dei punti di vista che ben gli si addicono, trovano certo più facile conseguimento in molti, piuttosto che individualmente. Inoltre, un romanzo storico è tipicamente ponderoso – duecento tastiere producono d'altronde montagne di materiale – e non necessita, anzi quasi rifugge, arditezze stilistiche.
Tutto questo corrisponde punto per punto alla descrizione del romanzo d'eccellenza che Tiziano Scarpa propose più di un anno fa, senonché non abbiamo alcuna intenzione di fare di questo approccio una questione di poetica, un "si scrive così". La scelta del romanzo storico è puramente pratica, un "fare di necessità virtù". Tutto sta a vedere se la necessità di organizzare e mettere a frutto un esercito di scrittori sia in sé virtuosa oppure no: noi crediamo che lo sia. Insomma, che ne valga la pena.
Scriveremo quindi un romanzo storico ambientato in Italia nella II Guerra Mondiale (8 Sett. '43 – 25 Apr. '45). Certo, anche per il gusto della sfida: ci saremmo resi la vita più facile trattando situazioni storiche meno controverse, come ad esempio la conquista normanna dell'Inghilterra. Sappiamo tutti fin troppo bene da quale nube tossica di rancori, propaganda, opportunismi, ipocrisie sia oggi ancor più di ieri – e specie in Italia – appestato il campo. Ma non pretendiamo certo di far piazza pulita di questi miasmi con una semplice dichiarazione d'intenti. Il problema dell'ideologizzazione delle interpretazioni di guerra, occupazione, Resistenza non è risolvibile da una concettualizzazione preventiva, da una visione definita a priori. Il campo è già occupato da poteri in lotta, al punto che gli individui sono schiacciati e storditi, e a volte nauseati, da tale baruffa. Ma attenzione: il punto non è una sopraggiunta impossibilità di avere una opinione su quella che potremmo ormai chiamare "la storia dei nostri nonni" – anzi – quella ce l'hanno tutti. Il problema è che è difficile non avere un'idea preconcetta e mantenere contemporaneamente uno sguardo morale, giudicante. E il problema è tanto più profondo oggi: nessuno di noi ha preso parte alla lotta e manchiamo quindi tutti di quella autorità morale (nel bene e nel male) che derivava semplicemente dall'io c'ero. È tuttavia necessario un tale sguardo lucidamente etico per affrontare una simile impresa letteraria.
C'è un problema ulteriore: nel metodo SIC i Direttori Artistici non possono imporre un punto di vista, dato che questo è interamente determinato dagli scrittori durante il lavoro sulle schede.
L'impresa è quindi disperata? Tutt'altro: crediamo che proprio attraverso il lavoro coordinato di 200 persone sia possibile sfuggire ai pantani delle polemiche biliose, per arrivare a lavorare direttamente sul terreno della memoria storica, della realtà quotidiana di allora riletta attraverso l'immaginario collettivo di adesso, e – forse – del mito stesso.
Il ragionamento non è: "facciamo un romanzo sulla II Guerra Mondiale e poi diamoci determinate regole in quanto ci sono 200 scrittori da gestire", bensì: "siccome siamo 200 scrittori possiamo osare un romanzo sulla II Guerra Mondiale". A questo si aggiunge ovviamente il puro piacere narrativo di attingere da un serbatoio di storie potenziali ancora ricchissimo quale è il periodo dell'occupazione tedesca in Italia e la voglia di ottenere un romanzo coinvolto e coinvolgente.
Dobbiamo quindi dare un'impostazione al lavoro che favorisca l'emergere della "visione" che qui abbiamo abbozzato. Questi sono alcuni punti che abbiamo ideato a tale scopo:
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Sarà un romanzo storico. Non ci interessano i biechi revisionismi né le stanche, ancorché legittime e talvolta necessarie, difese di matrice ideologica. Sullo sfondo ci saranno i nudi fatti.
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Sarà un romanzo di persone "normali". Non sarà una storia di estremi né di personaggi (felicemente o tristemente) celebri: tra le cose che ci premono maggiormente c'è il rapporto tra gente comune e storia, specialmente quando essa impone sacrifici (anche massimi) e scelte.
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Presenza di un metatesto sul presente. Cosa rimane dei miti di allora? Esistono? Come si sono trasformati? Cosa significano oggi? Puntiamo a dare una risposta narrata a queste domande, stando ben lontani da qualunque intento pedagogico.
Non si tratta di celebrare, rivedere o rievocare. Si tratta di attingere nuovamente a quella fonte inesauribile di vicende che è un periodo così cruciale della nostra storia per trovarvi nuova linfa vitale, nuove idee, nuovi approcci al presente.
Nota:
Il 2 aprile chiuderemo la fase raccolta aneddoti e costruiremo il soggetto su cui poi lavoreremo. Anche se non tutti sono tenuti a inviare materiale, possiamo ben presumere che avremo oltre un centinaio di storie da cui attingere. È quindi evidente che solo alcune "appariranno" nel soggetto finale (che comunque verrà ampliato e modificato in corso d'opera dagli scrittori), tuttavia l'enorme raccolta di aneddoti che andiamo raccogliendo avrà varie funzioni: alcuni di essi ovviamente andranno a costituire il soggetto nelle sue linee principali, saranno le uova e il lievito della storia. Altri saranno la farina, fornendoci scene, comprimari e approcci alla questione che arricchiranno il soggetto. Altri ancora saranno il forno: è infatti dal lavoro di lettura e analisi dei testi che caveremo una migliore prospettiva della più vasta narrazione in cui il romanzo sarà collocato.
commenti
Quasi inutile dire che sia
Quasi inutile dire che sia come lettore, sia come 'critico' (e mini-scrittore), credo molto nella forma romanzo storico. L'idea di lasciare i fatti come tali, "nudi", come avete scritto, non ci preclude la via del romance, dell'avventuroso o della storia comune, insomma per chiuderla qui con le tautologie: sono d'accordo.
E' la prima volta che mi
E' la prima volta che mi cimento in un romanzo collettivo, mi chiedevo una cosa, un dubbio. Sceglieremo ciò che vogliamo raccontare partendo dal soggetto che creerete, giusto? Una volta dato il soggetto noi costruiremo il nostro personaggio sul materiale fornito, ma c'è un limite di spazio, duecento scrittori scriveranno duecento romanzi oppure duecento parti che formeranno un unico romanzo?Nel caso succeda che tra gli scrittori si abbia una stessa idea, uno stesso personaggio che succede dopo?
Sono stato molto lungo, scusatemi, ma prima di cominciare un lavoro ho bisogno di essere sicuro di ciò che scrivo.
Roberto
metodo SIC
Per dirla in breve: come dice il nostro payoff, "tutti scrivono tutto", quindi ognuno avrà la possibilità di lavorare ad ogni e ciascuna parte del romanzo.
Specificità del metodo SIC è però il lavoro che si effettua sugli elementi narrativi (personaggi, luoghi, fatti, etc.) prima della stesura, in modo da dare vita a un universo condiviso attorno a cui creare il testo.
Dal lavoro collettivo (effettuato tramite schede) sui singoli elementi emergerà un set di elementi narrativi "definitivi", frutto della composizione delle parti migliori delle schede di ciascuno.
A questi elementi definitivi si farà riferimento in seguito, in fase di stesura, stesura che avverrà nuovamente tramite schede e loro composizione.
Questa spiegazione è necessariamente riduttiva: per fare chiarezza ti consigliamo di leggere i materiali della sezione "Metodo SIC" e in particolare il manuale, che trovi qui: http://www.scritturacollettiva.org/documentazione/manuale-di-scrittura-i...
Molto interessante il
Molto interessante il riferimento al dibattito in corso sul New Italian Epic. L'avevo ben presente quando ho deciso di prendere parte al progetto del GRAS. Credo che da questo terreno possano germogliare idee inaspettate, fiori imprevisti.
La centralità dell'etica. La posizione del narratore. Lo sguardo obliquo e molteplice. Il rapporto fecondo con le fonti... se fossi un DA, avrei molto a cui pensare ;)
Condivido in pieno la decisione di "fare un passo indietro" rispetto alle testimonianze raccolte. Esorto chiunque stia scrivendo e mandando le proprie testimonianze a fare altrettanto: dire tutto, senza pudore. Qui nessuno fa apologie, nessuno giudica. Ci deve essere la verità, sotto. Cruda. Se sotto il testo scorre la verità, la sua forza si farà sentire.
Con 200 inconsci siete vicini a toccare il cuore frastagliato di un popolo :)
[a proposito, potrebbe essere interessante una mappatura dei 200 partigiani del SIC: temporale (età media) ma soprattutto spaziale. Da quali luoghi proveniamo, quali puntini occupiamo sulla cartina italiana.]
Detto fatto
Quei pallini arancioni siete voi :)
fantastico :) la
fantastico :)
la distribuzione è interessante. Si vedono aggregatori, faglie, linee continue, vuoti (la basilicata?).
E' pura suggestione, ma provate a confrontare questa mappa con quella che compare qui http://www.history-online.com/Liberatori/it/Cammino.aspx
sovrapponete la linea Volturno, la Gustav, la Linea Gotica. Certo, ci saranno mille variabili da considerare, mille errori (non tutti mandano testimonianze, che possono riferisi a luoghi diversi da quelli da cui ci colleghiamo etc etc).
Ma sembra davvero che i luoghi *siano* le storie :)
dispersi
Pensate un po', mi chiamo disperso per due motivi, uno dei quali è legato a una storia accaduta proprio durante il periodo in questione e poi narrata in un libro da Nuto Revelli.
E da disperso quale sono, vi dico che la cartina non dice un bel niente, visto che io non abito in Italia --e come me, forse altri che partecipano al progetto--. Quindi la mappatura dei 200 partigiani non comprende i fuggiaschi e i disertori come il sottoscritto. Cominciamo già a dimenticare qualcuno per la Strada della Storia?
dispy
per carità, hai fatto bene
per carità, hai fatto bene a sottolinearlo. Ma come vedi qui sopra, la mia era solo una suggestione, piena di buchi :)
In realtà, sono le linee sghembe le più interessanti- le storie nomadi hanno lo sguardo migliore.
Credo che invece si stia
Credo che invece si stia già rischiando la sterile polemica, per una mappatura puramente simbolica definita metaforicamente "dei 200 partigiani"...Lasciamo perdere e avanti coi lavori...
...
eheh ma blepiro intendeva "dalla parte della SIC" ^__^
esatto :) potevo usare
esatto :)
potevo usare l'espressione "200 legionari" ma non mi piaceva più di tanto :)
shantih
Mappamondo
Ho messo solo la mappa dell'Italia perché in quella del mondo i pallini venivano tutti appiccicati e non si capiva nulla.
Vogliamo comunque sapere di più su di voi: più avanti faremo un sondaggio per fondare una nuova branca del sapere: la "demografia SIC".
Ma non è ancora il momento: dobbiamo ancora iniziare a scrivere!
i miti
barbara
mi preoccupa un po' la questione di cui al punto 3, cioé i miti di allora, ed i miti di oggi... in che senso?
Gli ideali di allora, se sono ancora quelli di oggi o la figura del mito, per intenderci alla Lawrence d'Arabia di Stella del mattino?
Insomma cosa vorremmo dire?
Miti di miti
La domanda sugli "ideali di allora", direi che si risponde da sé: non sono ovviamente quelli di oggi.
Per essere più precisi, avremmo dovuto scrivere "Cosa rimane dei miti del dopoguerra?" Ossia: "quale mitologia si può fare oggi dei fatti e dei personaggi di quegli anni?"
ci sono anche io
Ciao Vanni, ciao tutti.
In ritardo, ma ci sono anche io.
Da Vicchio e Monte Giovi, terra di partigiani!!
Jacopo
nessun ritardo
nessun ritardo, le iscrizioni sono aperte ancora per 15 giorni. Riceverai le comunicazioni di lavoro questo giovedì.